“Senta, mi scusi, per andare a Trento?”
“Facilissimo! Vai avanti, passa Mussolente e a Bassano gira a destra, vai sempre dritto sulla Valsugana. Ci sono i cartelli.”
Sono sulla statale 248 sul tratto tra Montebelluna e Bassano Del Grappa e vado a Trento per un workshop a cui domani devo partecipare a Bolzano. Il signore, forse sessantenne, con un viso rosso acceso e la voce un po’ alterata per un paio di grappini di troppo, aggiunge che purtroppo troverò traffico e camion di continuo ostacolo.
Riprendo il viaggio rassegnandomi mentalmente alla coda. In effetti, un po’ di traffico c’è, la strada stretta non consente di superare ed i semafori dei paesini che attraverso mi obbligano a procedere lentamente. Ne approfitto per immergermi nei miei pensieri, cogliendo l’opportunità della calma forzata.
È venerdì, tutta la settimana sono stato a Montebelluna e lunedì riparto per Reggio Calabria dove mi fermerò sino al week-end successivo. Poi la settimana successiva la passerò a Torino.
Ok, se è vero che mi piace viaggiare, certamente in questo periodo non posso lamentarmi! Devo solo capire come organizzarmi con i vestiti da portarmi dietro.
Alle porte di Bassano, due rotonde consecutive mi instradano sulla Statale 47 della Valsugana, direzione Trento.
Il signore con la faccia rossa doveva veramente aver bevuto. Ci sono pochissime macchine e le due corsie presenti danno l’impressione di essere su una strada deserta.
Si fatica molto a restare entro il limite dei 90 chilometri orari e questo mi consente di guardarmi attorno.
La statale si snoda mollemente tra le prealpi, in un contesto di verde chiazzato qua e là della pietra della montagna.
Alla mia sinistra il paesaggio diventa via via più imponente. Dalla colline di Bassano si passa a monti sempre più alti, con piccole zone di verde ad altezze intermedie e qualche casetta o comunità montana quasi arrampicate sul ripido versante.
Quella che prima era una calma forzata dalla presenza di traffico, adesso diventa una tranquillità reale favorita dalla situazione. Si aggiunge la luce delle 19 ed una tenue foschia di umidità causata dalle moltissime piante e dall’essere in una stretta valle.
Sono a metà strada. Suppongo non faccia troppo caldo e quindi decido di spegnere il climatizzatore ed abbasso i finestrini. L’aria esterna entra nell’abitacolo investendomi di mille sensazioni sottili. Colgo subito la differenza tra l’asetticità dell’ambiente condizionato ed il dolce tepore dei 27 gradi esterni arricchiti dall’umidità che si raccoglie in fondo alla valle.
Il profumo. Mi pare di averlo addosso. Istintivamente avvicino il polso, ma mi accorgo che il mio solito ROMA di Biagiotti stavolta non centra. È proprio l’aria ad essere profumata. Si sente il muschio, la corteccia degli alberi, l’ozono e la carne arrostita dalle molte trattorie che si incontrano.
I trenta chilometri che mancano a Trento passano così, cogliendo gli odori dei paesini e delle campagne che si susseguono, ammirando i ripidi costoni che sembrano nascere dal nulla e che si proiettano verso il cielo, sbirciando il lago di Caldonazzo e vincendo la tentazione di salutare i rari guidatori sorpassati. Sento, infatti, un senso di comunità con i privilegiati viaggiatori che hanno la fortuna di percorrere questo serpentone della Valsugana. Ho la sensazione che se alla stessa ora ogni giorno mi trovassi su questa via, rivedrei ogni volta le stesse facce, per nulla contrariate per quest’ora di vita niente affatto sprecata.