Smilla ormai s’era decisa, si sarebbe tolta quell’altro dalla testa. Era cocciuta, quando si prefiggeva qualcosa ci riusciva sempre, ci sarebbe riuscita anche stavolta.
Dato che sapeva che il modo migliore per lasciarsi alle spalle una paura o un disagio è affrontarli, decise di far proprio così, con una mossa azzardata. Lo chiamò al telefono e gli chiese di uscire con lei. Sarebbe stata battaglia.
“Ciao, sono Smilla, ho voglia di te, passi a prendermi stasera?” – gli disse senza scrupoli al telefono.
“Ma certo, alle 20 vengo e ti porto a cena in un bel posto” – rispose lui.
Click. Smilla mise giù senza indugi, non voleva che ci si potesse soffermare in altre conversazioni, e si fermò un istante a riflettere. Con la sua domanda non potevano esserci dubbi su come sarebbe finita la serata, inoltre lui non aveva avuto alcun modo di dire no, perché nessun uomo ad una tal domanda fatta da una donna desiderata avrebbe risposto no. Lei era consapevole delle sue doti e sapeva di piacergli. Voleva essere lei a dominare la situazione, sin dall’inizio. La sua componente maschile stava lavorando.
Avrebbe fatto sesso con quest’uomo, non le sarebbe piaciuto, così se lo sarebbe tolta dalla testa una volta per tutte, liberando i suoi sogni e riacquisendo finalmente la serenità del rapporto col suo fidanzato. Ne era certa.
Ceretta, doccia, profumi, intimo “avanti”, abito aderentissimo, tacco 12, trucco sapiente, pronta ad uscire per vincere battaglia e guerra. Anche se lei voleva chiudere, non desiderava che lui potesse avere nulla da ridire e le piaceva che questa notte fosse per lui una cosa da ricordarsi per sempre, sapendo che non l’avrebbe avuta mai più.
Lui era davanti alla porta ad aspettarla e – “no, questo non ci voleva” – aveva un fiore. “Ok, lo fanno tutti” – si disse lei e cominciò a guardar tutto ciò che non le piaceva. Per fortuna lui era bruttino, simpatico, d’accordo, ma bruttino. Non le aprì la porta della macchina, al ristorante camminava davanti, si sedette subito senza aspettare lei. Perfetto! Tutto stava andando secondo i piani.
Cena simpatica, almeno questo poteva accettarlo, il cibo non era male, lui col chiacchierare si destreggiava, in fondo da qualche parte aveva anche una certa profondità, ma Smilla non si soffermò troppo a pensarci.
…
…
… e si trovarono a casa di lei. Smilla contrariamente alla previsione iniziale di andare da lui, pensando che fosse più facile giocare sul proprio terreno cambiò idea durante la serata e lo invitò per un rum.
Appena varcata la porta decise che la situazione non giustificava che si perdesse tempo. Lo accompagnò in salotto, mise della musica, versò il drink e gli si mise d’avanti, accoccolata a terra, guardandolo mentre beveva.
Era disposta a prender lei l’iniziativa, ma lui partì prima, in modo del tutto inaspettato. Le accarezzò il viso. Smilla ci rimase quasi male, non aveva previsto quella dolcezza, quindi per impedire che la serata prendesse una piega indesiderata, lo baciò e cominciò a sbottonare la bellissima camicia di seta che lui aveva. Le sembrò strana questa cura, ma continuò.
“Fermati” – disse lui – “vado a fare una doccia“.
“No” – rispose Smilla – “ti voglio ora, subito, così“. Anche il cattivo odore poteva contribuire a toglierselo dalla mente in futuro.
… gli slacciò i pantaloni intanto che lui, ripresosi dall’incertezza iniziale, le accarezzava la schiena ed il collo, con la seconda mano tra i capelli. Le venne un brivido.
Smilla scese col viso senza aspettare che la guidasse lui. Era eccitata, non poteva negarlo, ma sapeva che non le sarebbe piaciuto ciò che aveva in mente, lo faceva per questo, quindi si dedicò al suo piano.
Aveva il pene in mano, lo stava lambendo con le labbra, lo guardava negli occhi, gli faceva vedere la sua lingua mentre leccava dolcemente e lentamente il glande. Voleva farlo venire e sapeva che “vedere” era importante per gli uomini, più che sentire.
“Aspetta” – disse lui – “Sono eccitato da tutta la sera, mi piaci troppo, potrei avere qualche goccia di sperma, lascia che mi lavi“.
“Voglio che mi vieni in bocca” – gli disse Smilla con un leggero sorriso, sempre senza staccare gli occhi dai suoi – “Voglio ingoiarti tutto e sentire il tuo sapore, voglio che tu mi muoia in gola“.
“Sei una donna strana, nessuna me l’ha mai chiesto, qualche volta m’è successo, ma l’ho sempre chiesto io” – disse lui, facendo fatica a parlare e continuando ad accarezzarle la schiena, scendendo verso il solco tra i glutei di lei.
“Beccato!” – venne in mente a lei – “Sei mio, non potrai scordarti di me” – mentre il pensiero di essere diversa da molte la eccitava, anche perché le piaceva sapere di avere una qualche esclusiva su quest’uomo che in fondo non voleva rivedere più.
Smilla non aveva mai assaggiato lo sperma, le piaceva molto far pompini agli uomini, ma li faceva sempre godere fuori. Stavolta aveva deciso così, proprio per averne un brutto ricordo.
Trovò qualche goccia di sperma vicino al prepuzio – “Strano” – pensò – “è leggermente salato” – sorprendendosi per il fatto che non solo non le dispiacesse, ma che quasi le piacesse il fondo appena amarognolo e il leggero dolciastro. Ma erano solo poche gocce, sapeva che poi non le sarebbe piaciuta la consistenza.
Era eccitata, però, molto. Si era spostata in modo da consentire alla mano di lui di toccarla, lui la stava accarezzando con delicatezza, dopo essersi fatto strada di fianco al perizoma. Ci sapeva fare, il guastafeste, come nei suoi sogni – “Stronzo!”
Le dava soddisfazione l’espressione sul viso di lui. Si vedeva chiaramente che i suoi giochini con la lingua gli piacevano. “Così avrai qualcosa da ricordare e non ti sarà facile con le altre, maledetto“ – pensò lei, che però non provava più troppa antipatia per lui.
Lui le entrò leggermente nella vagina con un dito, mentre con l’altro premeva leggermente contro l’ano.
“Cazzo. No!” – lei si rese conto che era troppo eccitata, lui stava conducendo il gioco, non era quello che lei voleva, soprattutto le piaceva. Per fortuna che lui sembrava prossimo a venire, così tutto si sarebbe concluso, dato che sicuramente non avrebbe avuto la forza di proseguire subito.
Ormai vicinissima all’orgasmo a causa delle dita di lui che ci sapeva proprio fare col suo clitoride, Smilla mise tutta la sua attenzione sul glande. Lo avviluppava con le labbra, passava la lingua sul prepuzio e all’attaccatura, lo inumidiva con la saliva per non fargli male, con le mani gli toccava i testicoli, ogni tanto saliva verso l’ano, faceva scendere a tratti il glande fino a sentirlo in fondo alla sua gola e succhiando perché sentisse anche lui la pressione e…
… lui stava per venire, fece il gesto di uscire dalla bocca, ma lei glielo impedì – “ti prego, vienimi in bocca…” sussurrò in un istante.
“Sei proprio troia” – le farfugliò lui e venne.
Il suo sperma… le piaceva! – “Noooooo…”
Lo sentì in bocca, leggermente dolciastro, appena appena amarognolo, vagamente salato, né troppo acquoso, né troppo vischioso.
“Stronzo! Stronzo! Stronzo!” – continuò ad urlare mentalmente, rendendosi conto che le piaceva da morire. Lo sentì sulla lingua e sulle pareti interne per qualche istante, ne mandò un po’ giù, le piacque anche questo, ne tenne un po’ in bocca e – “Ora mi vendico” – ridacchiò tra sé e baciandolo glielo passò nella sua. Lui rise, stette al gioco e inghiottì a sua volta, baciandola ancora.
“Maledetto!” – pensò ancora lei, ritrovandosi a leccare le sue labbra per sentire il suo sapore. E venne anche lei ormai sfinita dal suo tentativo di contenersi. Lui non la stava più neppure toccando, ma bastavano le vibrazioni che le arrivano attraverso la pelle.
Ancor di più maledì sé stessa per la sua improvvisa e forte eccitazione provocata dalla frase di lui: “Ho voglia di scoparti, amore“. Soprattutto quel “…amore…”
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[Nota dell’autore] Con questo racconto si conclude la miniserie di Smilla. Gli altri racconti li avevo già pubblicati negli anni passati, questo è stato appositamente scritto per questa antologia. L’ispirazione l’ho avuto con una visione durante una recente meditazione.
I racconti della saga di Smilla:
- Lei: ristorno serale;
- Ancora lei: momento hard;
- Lui: telefonata alla 5;
- L’Altro: toglierselo dalla testa.