Sto guardando l’antica cava di Akrai, la mente è spenta, ma da dentro riaffiorano antichi ricordi e familiarità.
Non è l’ambiente di Arturo, ma molte volte nelle mie vite passate devo aver vissuto nell’antica Grecia, se tanta familiarità sento con tutti questi luoghi, ovunque siano nel nostro mediterraneo. Ogni volta lo stesso effetto, mi sento a casa.
Da dentro però mi viene un senso di estraneità a questa città in particolare. La sento familiare per certi aspetti, perché i Greci tendevano a fare le loro stupende seguendo dei principi di base, ma so che qui non ci ho abitato.
Sto qui, però, assorbo l’energia del posto, forte, che mi invade, mi riempie, mi nutre, mi fa sentire ciò che sono, un essere che tanto ha vissuto, dato, probabilmente sofferto anche se non sento quasi mai strascichi di dolore.
Vedo e sento la Luce, forte. Attorno a me, si riflette e mi vedere ciò che ho dentro.
Calma. Pace. Benessere.
Ho fatto molte foto, anche alla parte baracca della città, quella parte che rende Palazzolo Acreide (questo il nome che oggi ha Akrai) Patrimonio dell’Umanità, sotto la custodia dell’Unesco.
Ma perdonatemi, non ho voglia di mostrarvi quelle foto, preferisco invece stare qui, in prossimità del Teatro Greco. Lo guardo, non capisco se sia circolare o a ellisse e quindi anfiteatro, ma non importa, è magico lo stesso.
Giro lo sguardo, stupendi i due alberi che si stagliano contro il bellissimo cielo terso, di un altrettanto magico blu, così frequente qui in Sicilia.
Poco distanti Mariangela e Antonio entrano in una catacomba, io invece mi fermo qui a godere ancora dell’energia del posto.
C’era un città qui, gente ci viveva, in secoli precedenti al nostro calendario. I Greci si sceglievano bene i luoghi dove edificare le loro città. Avevano a cuore il benessere della vita. Facevano filosofia e vivevano con filosofia. Lo sento, mi arriva dentro.