Gran parte della nostra vita è motivata da verità che chiamiamo così, ma che in realtà non sono dimostrabili in alcun modo, senza che all’origine ci sia un atto di fede o, appunto, del credere che la cosa sia vera.
Religioni, regole sociali, rapporti personali, sono spesso basati su atti di credo su una idea di partenza, sulla quale poi si costruisce tutta l’impalcatura.
Il credere è quasi una necessità dell’essere umano e in molte situazioni ci fa bene, ci fa vivere una vita equilibrata e spesso ben relazionata con gli altri che hanno lo stesso credo.
Non scordiamo mai, però, che si tratta di un credo, che l’idea che sta alla base non può essere dimostrata in modo certo e quindi tutte le nostre certezze che vi sono costruite sopra, non sono certe veramente in modo definitivo.
Dove voglio arrivare?
Ok, viviamo secondo il nostro credo, ma non ostiniamoci a voler convincere gli altri, non arrabbiamoci quando ci viene contestato, non partiamo sempre con l’idea che il credo degli altri sia sbagliato, in fondo non abbiamo nessuna prova certa per dirlo.
Il dubbio, quindi, deve essere fratello del credo, sempre. Crediamo, ma restiamo con la mente aperta, disposti sempre a considerare e riconsiderare.
Da qui nasce la tolleranza, l’amore per persone che possono anche essere diverse da noi, che possono vivere con schemi diversi, consuetudini lontane mille miglia. Loro hanno il loro credo, così come noi abbiamo il nostro, hanno il diritto di averlo.
Soprattutto, non offendiamo chi ha un credo diverso dal nostro. Non cataloghiamo come barbari altre persone perché non la pensano come noi e vivono con schemi che noi non comprendiamo o non condividiamo.
Un giorno moriremo e dobbiamo essere convinti del fatto che oggi non possiamo essere realmente certi di sapere cosa troveremo di là. Possiamo avere una nostra idea e sperare che sia così. Null’altro.