“Che cosa intendi, tu, per amore?” gli chiese Mary Lou.
Sporfforth ci pensò a lungo, poi rispose: “Un senso di agitazione in petto. Palpitazioni. Il desiderio che tu sia felice. Un’ossessione di te, il piacere di guardarti piegare il mento, di scrutare lo sguardo intenso dei tuoi occhi per il modo in cui tieni quella tazzina di caffè. Il sentirti russare la notte, mentre io sono sveglio.”
Walter S. Tevis da “Futuro in trance”.
In un radioso mondo in cui le piante, i fiori e gli animali hanno trovato il loro equilibrio naturale e le città sono diventate splendidi giardini sospesi a mille metri da terra, con le nuvole che lambiscono i bordi delle torri scintillanti, un’umanità ormai stanca si trascina incapace di pensare, per non provare la sofferenza del dolore.
Vecchie macchine usurate dai secoli, svolgono tutte le attività una volta umane, governate da un androide millenario il cui unico desiderio è raggiungere la morte che gli è impedita dalla programmazione.
Desidera così tanto la morte, il solitario, che per procurarsela decide che nessuno deve più nascere sulla terra, in modo da estinguere il motivo della sua esistenza, cablato nei codici dei sui chip.
Con la morte dell’ultimo uomo, tra mille anni anche lui potrà morire.
Ed è proprio Sporfforth, l’androide, il più umano di una razza ormai morente, a spiegare cosa significa “amore” ad una giovane donna , secondo Uomo in cento anni ad aver imparato a leggere e scrivere.